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Critica

Salvo Nugnes – Spoleto Arte 2017

Critica di Salvo Nugnes per Enrico Renato Paparelli

 

Renato Paparelli si fa fine portavoce di forti denunce che accolgono le voci dei semplici per una giustizia universale, appello per garantire la dignità a tutti gli uomini. Altresì l’artista fa della bellezza il suo baluardo: paesaggi naturali, moli e edifici simbolo di meravigliose cittadine italiane completamente vissute e godute da Paparelli stesso. Cieli blu e mari calmi riempono le tele e coinvolgono l’osservatore e regalano un assoluto senso di pace. La ricerca della perfezione nella tavolozza lo spinge verso i lavori di Van Gogh, quelli che meglio esprimono l’accostamento dei colori primari: lo spettatore riesce così ad interiorizzare l’armonia.

Salvo Nugnes – Presidente Mostra Spoleto Arte 

Veronica Ferretti – Biennale Milano International Art Meeting 2017

Biennale-Milano-ottobre-2017-critica-renato-paparelli

Sia che si tratti di rappresentare casolari siciliani immersi nelle variegate tonalità cromatiche della natura o dell’estatica serenità del mare al di là di Capo d’Orlando o di arenili sui quali riposano barche appena tratte a riva, le opere di Renato Paparelli esprimono una vocazione autentica nel rappresentare paesaggi di alta qualità espressiva e cromatica nei quali si avverte, sebbene assente, la presenza della vita e del destino dell’uomo in simbiosi con la natura.

Veronica Ferretti  – Funzionario Museo Casa Buonarroti

 

Alberto D’Atanasio – Spoleto Pavilion 2017 – Venezia

Critica Roberto D'Attanasio

Le opere d’arte di Enrico Renato Paparelli non denotano soltanto il suo talento, e non è solo la sua capacità nella rappresentazione che lo rende unico. Ciò che rende quest’artista originale è la capacità di creare atmosfere che sanno d’infinito. Ogni sua immagine è pura evocazione di un poeta che invece della metrica usa il disegno e le tonalità cromatiche di una pittura sapiente pensata più col cuore che con la mente. I paesaggi di Enrico Renato Paparelli sono tangibili paesaggi dell’anima.

Prof. Alberto D’Atanasio – Direttore museo Modigliani e storico d’arte

 

Salvo Nugnes – Miami Meets Milano 2017

Critica di Salvo Nugnes sui Renato Paparelli

Negli splendidi paesaggi di Renato Paparelli si può notare una vera e propria celebrazione della sua città natale: Roma. Le opere presentano un accurato studio delle strutture architettoniche che, abbinate a sfondi con tonalità cromatiche, suscitano nell’animo di chi guarda un forte impatto emotivo, rievocando momenti di pura poesia. L’arte di Paparelli rappresenta un vero e proprio inno alla vita, invitando lo spettatore a godere delle piccole e grandi cose che lo circondano.

Salvo Nugnes – Direttore Artistico e manager di personaggi della cultura e dello spettacolo

Giuseppe Selvaggi

Mostra il Quadriportico, Istituto De Merode, 2009

Il Quadriportico, 1991

Enrico Renato Paparelli: la pittura come vocazione per esistere 

Per un pittore insieme aperto e chiuso, nella psiche e nelle immagini dei suoi quadri, quale è Enrico Renato Paparelli il primo pensiero di ingresso in un suo paesaggio è questo: una vocazione che non ha origine nel mestiere di dipingere, non nella vanità di sentirsi artista ma nella scelta di una conclusione dell’esistenza valida solo dipingendo. C’è nei quadri di Paparelli questo deciso volere incorporarsi nella realtà visiva, cupo ed insieme felice, buio ed insieme solare che riesce a trascinare, sulla montagna o nel vortice di un fiume chi si abbandona ai suoi quadri. Si ricava la sensazione, confermata dalla biografia del pittore, di un artista che vorrebbe, potendolo, trasferirsi nel quadro ogni volta che sta dipingendolo, e farne se stesso. Non è la trasposizione dell’autoritratto intimo nel tono, nel temperamento del paesaggio. È cosa diversa, più rara ed eletta: sentire la necessità della pittura come respiro vitale, come tunnel in cui rifugiarsi, spazio celeste o marino in cui essere solo ma libero.

La virtù di pittore per necessità intima per Paparelli è questa sua impossibilità a non essere pittore. La sua biografia del resto documenta come la conquista di dedicarsi alla pittura è prevalsa, prevale, prevarrà su ogni altra gioia di vivere. La sua gioia è la pittura. Sono questi – uno è Enrico Renato Paparelli – i pittori della lealtà, non del mestiere che può condurre alla mistificazione delle e sulle forme.

Pittore di paesaggio, più che di persone, Paparelli parte da una realtà visitata, resa sulla tela senza la preoccupazione della logicità del particolare. Ciò fa scartare il ruolo di figuratività di tipo professionale, quasi di conservatorismo culturale. La realtà di questo artista, singolare nella sua apparenza di semplicità, arriva ad irrealizzarsi in scatti di fantasia dettati non dall’immediatezza, che spesso è solo segno di virtuosismo. Enrico Renato Paparelli è accanito ricercatore di soluzioni che medita, elabora, sinceramente annaspando nelle incertezze della psiche, che poi risolve come gesto spontaneo.

Una cascatella in un bosco è uno dei suoi quadri, uno per tanti, che si possono analizzare come campionatura per dimostrare la meditata fantasia dell’artista. ll realismo dei verdi e dei bianco-schiuma dell’acqua in movimento potrebbe fare arrestare il dipinto nella stesura di realismo romantico. Un piccolo brano poetico. Enrico Renato Paparelli imprime però al quadro ritmi che sono del suo profondo, tra angoscia ed allegria, sicurezza e sprofondo: ritmi che sono anche di ogni essere umano e che l’artista riesce ad esternare per tutti. Il pittore utilizza il viola, graduato, come tinta di scatto. Il colore doloroso. Però l’acqua nel verde e vitalismo gioioso. D’improvviso, quando lo spettatore del quadro scopre in sé il messaggio di quella realtà elevata ad irrealtà, perché il viola è una aggiunta di fantasia, il romito luogo della cascatella si eleva a Bosco Sacro. Vi scorre non l’acqua ma il nostro bisogno di divinità.

Quadri come questo Paparelli ne dipinge parecchi, anche di tematica fuori dalla complicità della tenerezza e della effettiva bellezza del paesaggio e delle cose prese a modello. Vi è persino un quadro da fine settimana, da cena all’aperto: tema una grigliata di pesce. L’ammattonato, la graticola sul fuoco hanno come filo conduttore i rossi, con un rosso che prevale e si trasferisce nel colore di un pesce. Con impeto si intromette un azzurro. È un altro pesce: indica mare e libertà. Il quadro, pur dall’usuale tematica, amalgamandosi però nel contrasto dei colori, per moto spontaneo innalza a freccia solo l’azzurro. C’è sulla graticola l’insieme della libertà e della morte, l’insieme della terra in altezza e del mare in profondità. Enrico Paparelli, anche in questa realtà-irrealtà, è pittore di mari e monti, di prati e cime d’alberi: persino raccontando di una grigliata di pesce. Vi immette se stesso, e chi vede il quadro, se riesce ad entrare in questa sorta di personale metafisica attraverso il colore, vi ritrova qualcosa di sé.

Va notato, per assaporare e penetrare in questa personalità che dona irrealtà poetiche attraverso il realismo, che il paesaggismo di Enrico Renato Paparelli raramente accoglie la figura, d’uomo o di altro animale. Quando la bestia appare – un gabbiano più vasto delle isole, una mucca che impersona lo spirito monumentale della catena di monti, la mucca stessa monumento statico – ha funzione identica al paesaggio, e rappresentare uno spicchio della natura. È che nei quadri di Paparelli il paesaggio autodetermina la figura, inclusa la presenza dell’uomo. È come quei paesaggi descritti dalla grande poesia nordica, in cui l’uomo non c’è ma fischia, canta, cammina. In quella assenza ognuno pone se stesso, com’è. È una qualità, e anzi la qualità di Renato Paparelli.

Possono continuare le esemplificazioni di singoli quadri per indicare “questo” Paparelli. Una sua antologia di opere non dovrebbe escludere un arenile dove le sagome delle barche, quasi scheletri di viventi e simultaneamente di morti, diventano spettri di barca. La fantasia può però immergerli nel mare: diventano ombre lontane in navigazione, liberazione e ricerca di un Paradiso.

Ancora una sottolineatura su questo artista. Il suo paesaggismo, con onestà intellettuale e gusto del viaggiatore alla scoperta di luci, e di calori o di freddi solari, nasce da dirette osservazioni. È il sud italiano, è il nord delle montagne, è lo scorcio di architetture spontanee, è il ponte che sembra fatto apposta per essere tema da dipinto. Tutto ciò che cerca ed annota diventa tematica da trasfigurare nei quadri di Paparelli.

La validità dell’artista, fuori dall’ordinario pittore professionale, si rivela in questa sua qualità di pittore vocazionale, per stato di necessità vitalistica, sua. ln molti quadri questa ansiosa necessità Paparelli riesce a trasmetterla in chi vede il quadro. Ed è per questo che la sua pittura ha un segno, suo e nostro. È comunicazione. Ognuno di noi si sente dentro la sua ricerca di rappresentare la vita, per viverla e capirla.

Giuseppe Selvaggi

Mara Ferloni

Mostra il Quadriportico, Istituto De Merode, 2013

Enrico Renato Paparelli : l’amore per la natura

Enrico Renato Paparelli, artista di grande sensibilità, per un po’ di tempo è stato lontano dalle esposizioni, ma ha sempre continuato a lavorare con passione ed impegno e ce lo dimostra con questa prestigiosa mostra nella quale ci racconta il colore, con un discorso di grande effetto, il suo sempre dichiarato amore, mai tradito, per la natura. Le opere, che mostrano il risultato di un’intensa attività creativa, nate nel silenzio del suo studio, in un appartato “a tu per tu” con la sua fantasia ci fanno entrare in quel mondo affascinante e misterioso come vorrebbe che fosse in realtà, non mistificato, non inquinato.

In una sintesi ora accesa ora dolcemente lieve, ma mai fredda, di verdi, celesti, rossi, gialli, colori intensi, pieni di armonia, si snodano paesaggi silenti, ampie distese, casette sparse, montagne che digradano dolcemente a valle, lunghe teorie di filari, campi di grano, vigneti, sottili alberi attraverso i quali filtra una romantica, soffusa luce del sole: tutto parla il linguaggio della poesia, tutto s’intreccia tra sogno e realtà e la tecnica non si ferma alle convenzioni prestabilite pur essendo ossequiente a tutte le regole con equilibrati rapporti prospettici e sfumature tonali, ma si fonde con sensazioni profonde che appagano gli occhi, ma soprattutto l’anima. Prati fioriti con rossi aquiloni in attesa di spiccare il volo, popolati di papaveri, margherite e girasoli, dove la presenza dell’uomo è impercettibile, cascate, pontili, sotto i quali l’acqua gioca con la luce, mareggiate o solitarie barche sono immagini fissate sulla tela con l’innato buon gusto di una personale cromia. Spiagge ondulate della Florida con palme accarezzate dal vento, calanchi di Marsiglia, ma Roma, soprattutto Roma è stata in questo periodo la sua fonte d’ispirazione. Roma illuminata ed illuminante nella luce unica dei suoi rossi tramonti e nelle albe di vetro, con le piazze, i palazzi, i tetti superbamente suggestivi. C’è anche il Colosseo che in un intreccio con le Torri Gemelle di New York lancia un messaggio di grande monito: l’eternità della storia passata ed il ricordo che deve restare eterno della follia della nostra epoca.

È una mostra che guardata nel suo insieme con i suoi fotogrammi che comunicano emozioni, è un invito ad una esistenza più sana, più essenziale, più meditativa, un ritorno a ciò che sa di verità e che in questo momento sembra irrimediabilmente perduto. Quei ponti dai colori cangianti sotto i quali scorre l’acqua del Tevere, mi hanno riportato alla memoria alcuni versi di Antonio De Marco che ha sempre apprezzato ed ammirato l’opera di Paparelli.

…Le Iuci sono lucciole dell’anima, / le ombre sono

pieghe del mio cuore / nel passo di un via vai continuo

/ di luci e ombre di tramonti e sole. / Quanti prima di me,

quanti domani / si son trovati sulla stessa via…? / L’acqua

che lenta passa sotto i ponti / ripasserà fra secoli? Non so… /

Io certamente, no. Non è possibile!… / Io certamente, no.

Non passerò!

Ed invece resteranno queste belle opere di Enrico Renato Paparelli!

Mara Ferloni

 Antonio De Marco

Forum Interart, 1984, con Mara Ferloni e Antonio de Marco

Forum Interart, 1984

…Paparelli è il pittore della bellezza. Cosa importa se nella creazione dell’opera un colore è ribelle alla campitura, ma è sempre un colore ricreato dalla fantasia dell’artista che va oltre qualsiasi preconcetto. La tonalità cromatica è data da un gusto che vanta la paternità del pittore. La composizione del colore, sia che si tratti di azzurri, celesti, verdi, croati, bianchi, nasce dal suo amore per la bellezza…

Antonio De Marco

Carlo Bisazza 

…Paparelli dà prova di una maturità artistica di alto

livello e ciò si evidenzia nelle sottili e sapienti modulazioni

con cui vengono plasmati i lavori…

Carlo Bisazza

Grazioso David

…Il carattere particolare del Paparelli pittore è rappresentato dall’amore che riversa verso i paesaggi… Lo potremmo chiamare. il pittore dei silenzi…

Grazioso David

Leonardo Zonno

…Un’arte spontanea, profondamente sentita: un’ arte pregna di quel fascino poetico che penetra come dolce musica e appaga lo spirito… un’arte che specie nei colori del tramonto, sembra voglia dirci che anche la fine di un giorno può avere un fascino particolare, come la fine di una vita, se vissuta nella sua vera e piena luce…

Leonardo Zonno

Luigi Severini

…Paparelli dimostra di possedere per istinto e impulso interiore il senso e il gusto dei colori che, sparsi sulla tela, assumono colorazioni naturali non dissimili da quelle che l’iride dipinge sulla madre terra…

 Luigi Severini

Maria Teresa Palitta

…Compenetrandosi l’anima ai colori del tempo, assurge a ben altre distanze: e il fascino d’ombre e la chiarezza del mare, che non è mai chiarezza ma elemento di vita, esprimono la sacralità del pensiero, che in Paparelli è centrata nel bisogno di dare…

 Maria Teresa Palitta

SAFJ-PRESS, a cura di Nicolina Bianchi

 Fra spazi di cielo azzurro intenso, caldi tramonti, prati ricchi di vegetazione, spiagge dorate e strade bianche che si allungano verso l’infinito, campeggia il paesaggio mediterraneo, un paesaggio caro ad Enrico Paparelli che lo vive e lo rappresenta sulla tela con emotiva partecipazione. I vibranti giochi di luce disegnano e “ritagliano” le case, le barche, gli alberi, le bianche ali dei gabbiani che si librano nell’aria sopra onde spumeggianti: così le opere di Enrico Paparelli diventano un rapporto tra la natura e l’uomo, un rapporto misterioso, sentimentale, quasi poetico…

SAFJ-PRESS, a cura di Nicolina Bianchi

Elsa Cattani

La finestra aperta di Enrico Renato Paparelli

Il Quadriportico 2013

È un cammino lungo quello di Enrico Renato Paparelli, un cammino di 30 anni in cui la sua pittura ha avuto un’evoluzione continua nella ricerca tenace dell’espressione attraverso l’apparente semplicità delle forme.

Renato corregge i dettagli e la percezione delle immagini ci fa entrare nelle vicende dell’anima.

La sua pittura diventa una finestra aperta tra le pieghe delle terre brune e rossastre al tramonto o sull’acqua di un mare tranquillo o verso un cielo che guarda con occhi di bambino lo scorrere lento delle cose e gioca con la luna.

Poi i fiori! Splendidi nel colore intenso della vita che li avvolge e li muove cullati da una brezza sottile.

Le barche solitarie aspettano il mare e il pittore le ferma nello scorcio del sole lontano, certo dell’arrivo dell’onda.

Parliamo di paesaggi, di qualche figura solitaria, ma l’inconscio esplode nei colori, nelle forme, nelle linee; nel silenzio di quelle figure rare soffia la sua tenerezza.

Tenerezza che ritroviamo imperniata di malinconia ne La partenza, un piccolo quadro dove ogni cosa è un simbolo di speranza per il ritorno di chi parte per la guerra e di chi resta nell’attesa. Il treno s’allontana nel buio della piccola stazione appena illuminata da pochi lampioni, la luna rischiara e ferma nella poca luce l’ora dell’orologio, accompagnando con dolcezza il dolore per una quiete notturna.

Ma i paesaggi mostrati immobili come un dono sfuggono al passato mostrandosi pronti a un sussulto di gioia e Il chiaro di luna a La Maddalena ne è l’espressione potente. Il cielo e il mare si fondono nell’intensità del colore. Commuovono senza rendersene conto per la distesa serena delle pennellate che non lasciano spazio al minimo distacco. Sono intoccabili e solo alla luna è permesso avvolgere cielo e mare in una luce benevola.

E c’è Il casolare siciliano e i fichi d’india un’immagine fermata nel tempo dove i fichi d’india campeggiano protagonisti quasi guardiani di una pace antica.

Poi Gli amici schierati in primo piano a guardare il luogo di lavoro appena ottenuto tenendosi per mano a testimonianza di un’amicizia e di un ricordo che il futuro saprà preservare. E La regata con le barche inclinate in equilibrio sull’onda che fendono veloci.

E tanto altro, una storia, un ricordo, un sociale vissuto intensamente, e drammi da non dimenticare.

Allora i quadri diventano intensi, i temi più gravi. Ormai divampa quel cielo tranquillo e compatto nel suo colore, frantuma le nuvole ne L’attentatuni in un paesaggio scarno e sospeso. Il fragore è assordante. Il cielo è in fiamme, la terra è lasciata ferma, attonita nel suo dolore per sempre a Capaci. È il 23 maggio del 1992.

Poi La Cupola, le case appena tracciate nello sfascio mortale e le figure immobili come statue di sale, pur con le fiaccole nelle mani, di spalle all’osservatore, che attraggono lo sguardo fino ad arrivare allo sfondo, al simbolo del potere della mafia. Poi La Piovra che, con i suoi tentacoli, sovrasta tutte le Istituzioni.

In Portella della Ginestra l’Artista dipinge un racconto e le parole sono nelle bandiere, nel movimento, nel dolore che trasuda di rosso. Si percepisce una verità ancora lontana. È il 1°maggio del 1947.

E ci sono la Spiaggia del polipo, il Nido d’aquila, rocce statiche della Sardegna che esprimono la forza della natura.

La Morte di Manolete è il tema del torero e del toro. Il corpo è disteso, colpito a morte. Nel cielo anche le nubi sono distese. C’è qualcosa d’insondabile attorno. Il toro è vivo e il suo sguardo ha una profondità abissale.

Ma ecco di nuovo la tenerezza di Umiltà e coraggio per un Papa uscente per scelta dalla sua Casa, forte per la saggezza offerta al mondo.

Poi L’albero come creatura radicata alla terra e simbolo della parabola della vita e Amore un ritorno al sentimento forte di maturità, un viaggio nel tempo insieme.

Sono tante le opere che l’Artista ci offre. Soltanto di alcune ho messo in evidenza quello che diventa poi l’essenza di tutte.

Guardiamo il cielo, il modo di dipingerlo e scopriremo la sintesi di tutto quanto il pittore vuole affermare. Sono le pennellate, la pienezza dei colori, il riflesso della luce, o l’erompere di questa sulla terra che ci fanno capire le parole non scritte ma dipinte.

Elsa Cattani

Mostra di Natale dal 3 dicembre 2016 all’8 gennaio 2017 presso la galleria Art Saloon

Inaugura la mostra di arte contemporanea presso la Galleria Art Saloon di Ariccia, il Prof. Giovanni Papi, critico d’arte, giornalista e artista egli stesso. La mostra comprende una selezione di 35 artisti con una raccolta di circa 120 pezzi, tra opere di pittura, scultura e oggetti di design. Alcuni delle opere  dei vari autori sono state scelte dal prof. Papi per una breve riflessione critica e artistica.

Nell’opera di Renato PaparelliGerusalemme Celeste”, troviamo una città a carattere medievale piena di torri in un tripudio di colori tonali  declinati fondamentalmente nei primari: il rosso, il giallo e l’azzurro, così come tutti gli edifici attorno che la cingono e la delimitano nella sua “compattezza”. Una sorta di San Gimignano medievale, quindi una Gerusalemme terrena. L’autore volge la sua attenzione a un paesaggio quasi da fiaba avvolto da  cromie delicate e contrastanti ambientato in un contesto soffuso e luminoso, strettamente vicino ad una ipotetica “città ideale”, qui invece legato alla città di Gerusalemme nella sua proiezione spirituale. D’altronde nell’idea di Sant’Agostino nel “Civitates Dei” esisteva una sorta di congiunzione tra la Gerusalemme celeste e la Gerusalemme terrestre, cioè tra la città di Dio e quella dell’uomo. La ricerca cioè di una comunione tra la nuova armonia della forma proiettata nella volta celeste e la forma urbis che si snodava nei tracciati delle comunità cittadine. Altro aspetto interessante in questo dipinto è che non ci sono mura di cinta, come nella Roma imperiale, sinonimo di grande auspicio, di benessere, di prosperità e forza: città quindi concettualmente inattaccabile e invulnerabile. Anche nella raffigurazione di “Castel Sant’Angelo”, visione quasi iperreale, figurano emblematicamente due città sommate: a destra l’antico mausoleo di Adriano e ponte Elio e sullo sfondo San Pietro: congiunzione urbana della città pagana e quella cristiana.

Prof. Giovanni Papi

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